Lo stato di salute degli archivi  d’impresa, nel nostro Paese, continua ad essere comatoso. Vi sono, è vero,  diverse iniziative archivistiche come ad esempio quelle di Intesa San Paolo e  Dalmine o archivistico-museali, come quelle della Piaggio, di alto profilo  scientifico, ben radicate e attive anche sul piano internazionale ma il quadro,  purtroppo, rimane quello di un fronte conservativo che – dopo la fioritura  degli anni ottanta e novanta – è sempre più marginalizzato e afono. Si pensi,  in proposito, al silenzioso epilogo della Fondazione Iri.
Lo scorso anno, con l’istituzione  dell’Osservatorio per la cultura d’impresa – voluto dal Ministero per i beni e  attività culturali e partecipato da Confindustria, Unioncamere ed altri  soggetti – si aveva la quasi certezza di una svolta strategica ma, sulla soglia  dell’operatività, l’iniziativa non ha avuto seguito ed è stata quindi annullata.  Saremmo dunque al punto di partenza, o peggio considerando anche l’attuale  congiuntura economica, se non fosse che la Direzione generale per gli archivi  sta oggi dedicando molto tempo e molta attenzione al tema degli archivi  d’impresa. 
Anche se non ci manca l’ottimismo  della volontà è comunque evidente, anche da questo stesso numero, che «Culture  e impresa» non può non risentire di una situazione così deprimente. In  proposito, tuttavia, sono state assunte decisioni che possono non poco  contribuire, con il 2009, a  valorizzare la rivista; tra queste: Museimpresa di Milano e Aipai di Terni ci  coadiuveranno in termini di indirizzo e controllo scientifico e la proprietà  della testata, da questo numero, è pariteticamente suddivisa tra Fondazione Ansaldo e Centro per la cultura d’impresa. 
Non mancano altre novità sulle  quali potremo tuttavia meglio riferire con il prossimo numero.