Massimo
Negri
Manuale di museologia per i musei
aziendali
Recensione di Tommaso
Fanfani |

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il testo |
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Nel mondo, sia pure moderatamente, va crescendo
il numero delle imprese che si pongono il problema
di ricostruire e valorizzare il proprio patrimonio
storico.
Cresce la consapevolezza che raccogliere, conservare
e ordinare le testimonianze di
un’attività produttiva sia non tanto
uno sfizio culturale, quanto un modo per coniugare
in maniera più completa valori materiali,
come impresa e territorio,
con un valore immateriale, ma fondamentale, qual
è la cultura.
Cresce la sensibilità verso la responsabilità
sociale dell’impresa perseguita
non solo con opere di solidarietà, con la
promozione della raccolta di fondi a favore di aree
geografiche o di categorie svantaggiate, con l’introduzione
del bilancio sociale, dei criteri di trasparenza
e rating etico, ma anche attraverso un
rapporto nuovo tra azienda e utenti, tra impresa
e stakeholders.
Cresce la consapevolezza di quanto sia importante
un collegamento intenso e proficuo tra azienda e
territorio. L’azienda come soggetto sociale
di prima linea non viene intesa esclusivamente come
luogo di produzione di beni o di servizi, ma viene
percepita con una funzione meno materiale, ma altrettanto
importante qual è la promozione della cultura
per la conservazione:
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delle radici storiche
dei processi produttivi |
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di un intero territorio |
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della società
civile, con le proprie specificità
locali, di mentalità, cultura, appartenenza.
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A mio avviso per un’azienda comprendere nella
maniera migliore possibile il rapporto tra impresa
e territorio significa farsi
capofila
di un progetto per organizzare nel territorio di suo
riferimento:
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un luogo ove raccogliere
le testimonianze dell’attività
produttiva |
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uno spazio dove tenere
seminari, conferenze, dibattiti |
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uno spazio dove poter
ospitare una mostra d’arte.
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L’obbligo etico per l’imprenditore è
fare profitto, ma lo è altrettanto saper coniugare
la redditività economica degli impieghi con
le aspettative anche immateriali del territorio di
riferimento.
Il libro di
Massimo
Negri credo possa essere definito una splendida
pagina per declinare buona parte di quei valori che
ho cercato sinteticamente di esporre e che definiscono
gli ampi confini della responsabilità sociale.
È un libro che:
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fa il punto sulla letteratura
attorno ai musei d’impresa |
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inquadra il problema per
la nascita di un museo d’impresa |
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informa sull’esistente
in Italia e all’estero
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informa sulle differenti
tipologie e sui modi di immaginare
o di realizzare un museo d’impresa per
aziende che operano in settori produttivi
diversi
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fornisce le linee
guida per l’ottimizzazione
degli impieghi delle aziende nel museo e nell’archivio
storico.
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Con Monica Amari e Cristina Menegazzi l’autore
ricostruisce un percorso culturale in parte per addetti
ai lavori - schede, tipologie, ecc.-, in parte per
dare conto della dinamica dei musei d’impresa
e in particolare per portare motivazioni alla loro
diffusione. Non mancano
suggerimenti pratici,
né mancano
modelli di riferimento
per realizzare un buon museo d’impresa, a partire
dall’esempio di
Velenje,
museo di un distretto minerario in Slovenia. È
un manuale dove nulla si dà per scontato su
un argomento apparentemente semplice, sicuramente
abusato qual è quello della cultura sui musei
in generale.
Vengono posti modelli e problemi nella
consapevolezza
che ogni azienda
ha una sua
storia
da raccontare, una sua
potenzialità
da sviluppare, fermi restando quei principi
di cultura del territorio, specificità di essa,
senso di appartenenza che l’azienda
emana e che il museo deve conservare e valorizzare.
Se si vuole il museo d’impresa è un potente
veicolo per coniugare impresa e cultura, impresa e
territorio, elementi della funzione sociale intesa
– come dicevo – quale
motore
per far incontrare le aspettative degli
stakeholders
e quelle degli
sharehoders.
Infatti il museo appartiene alla sfera squisitamente
culturale, ma non può e non deve esaurirsi
in essa, là dove diviene potente veicolo per
la propagazione e
diffusione dell’
immagine
dell’azienda e con questo potente veicolo
di marketing a soddisfazione delle aspettative degli
azionisti. Il museo viene visto come
contenitore
di cultura, come
laboratorio aperto,
come categoria weberiana per la diversa classificazione;
la mission viene circoscrittta, ricercata, studiata,
espressa. Ci sono molti obiettivi tra i quali appunto
da non sottovalutare è quello commerciale,
di marketing a favore della collocazione del prodotto.
Il museo dimostra la
stabilità
di un’impresa, la sua
creatività
nel tempo, il valore del
fattore umano,
la
ricerca, l’
innovazione,
insomma tutti quegli elementi che accrescono il valore
del marchio e della capacità di penetrazione
sul mercato. Esporre la propria storia vuol dire farsi
giudicare per la
capacità imprenditoriale,
per i
successi, per la
longevità.
Vuol dire dunque aggiungere al valore materiale, un
robusto e profittevole contenuto in termini di immagine
e in termini di immaterialità in quel prodotto
che in quel momento quell’impresa immette sul
mercato.
Per fare un esempio, il
Museo
Piaggio è nato come sviluppo della raccolta
cartacea per la realizzazione dell’archivio
storico. Gli obiettivi che nel 1992-1993 furono posti
al progetto comprendevano:
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senso di appartenenza |
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volontà di esporre
il meglio della produzione dal 1884 ad oggi |
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bisogno di riflettere
sulla storia dell’imprenditorialità
ligure e toscana
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curiosità di celebrare
la storia della famiglia
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bisogno di creare un braccio
culturale all’impresa
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sensibilità nel
creare un ponte culturale, immateriale, tra
impresa e territorio.
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Giovanni Alberto Agnelli si pose interrogativi di
fondo su come creare un rapporto nuovo tra impresa
e territorio e su come creare un ponte tra cultura
e impresa. Il risultato fu l’
Archivio,
il Museo e la
Fondazione
Piaggio, una fondazione d’impresa partecipata
pariteticamente tra pubblico e privato, cui spetta
il coordinamento e la promozione delle attività
del museo e dell’archivio.
Credo che la realizzazione del progetto culturale
Piaggio possa rappresentare in maniera esemplare il
filo conduttore e i fondamenti che Massimo Negri pone
nel suo manuale: non c’è autoreferenzialità,
ma c’è la verifica che gli obiettivi
indicati, le tipologie differenti, possano essere
contenute in un museo che non è solo di «marca»,
come potrebbe far pensare la titolazione del museo
legato al nome dell’impresa. È
museo
di distretto, che raccoglie testimonianze
e memorie dell’intero territorio, è museo
di
storia della scienza e della tecnica,
è
laboratorio aperto, è
luogo di incontri e di
discussione,
è luogo di
esibizioni d’arte.
È insomma luogo ove territorio e impresa si
incontrano nella complessità dei valori e nella
comunanza di obiettivi.