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Archivi d'impresa: dalla memoria alla democrazia industriale
di Valerio Castronovo
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Oggi stiamo assistendo anche nel nostro paese, in coincidenza con gli sviluppi del mercato globale e della rivoluzione informatica, alla diffusione di un’industria sempre più automatizzata, alla crescita del terziario avanzato e all’intensificazione degli scambi. Si tratta di fenomeni che sono ormai di pubblico dominio. Invece, non sappiamo ancora molto delle vicende e delle modalità che nel corso degli ultimi cent’anni hanno cambiato il volto dell’Italia e i suoi tratti distintivi, trasformando una società per lo più agricola e tradizionale in una società industriale avanzata e ponendo così le premesse degli odierni mutamenti di scenario e di prospettiva.

Per svolgere il loro compito gli storici devono poter contare, innanzitutto, su un complesso di «materie prime» che gli addetti ai lavori nel linguaggio convenzionale chiamano fonti e, fra queste, per quanti si occupano della storia economica, su materiali e carteggi aziendali. Senonché, fino a qualche tempo fa si doveva fare i conti con la mancanza – salvo per qualche caso eccezionale, e quello dell’Ansaldo era senz’altro il più rilevante – di veri e propri archivi d’impresa, come ne esistevano da tempo in altri paesi dell’Occidente.

Questo stato di cose era dovuto non solo alle distruzioni o alle dispersioni di materiali documentari provocate da eventi bellici, da cambiamenti di proprietà o da altre vicissitudini, ma anche all’incuria o all’indifferenza di molti operatori economici nei riguardi della salvaguardia dei documenti prodotti in passato dalle loro imprese, quando non a vieti pregiudizi e atteggiamenti sconfinanti nel misoneismo, che precludevano la consultazione di quanto pur era stato conservato e sarebbe stato possibile utilizzare a fini di studio.

Fortunatamente, da qualche tempo a questa parte la situazione è venuta cambiando. Sia in virtù dell’attività di sensibilizzazione svolta, oltre che dalle sovrintendenze archivistiche, da singoli studiosi e centri culturali. Sia in seguito a una maggior apertura delle imprese nei riguardi delle esigenze della ricerca scientifica, in quanto si è fatta strada la consapevolezza dell’importanza che può rivestire una migliore conoscenza dei rapporti fra passato e presente, fra il patrimonio di esperienze acquisite e le prospettive di sviluppo future.

Sono così emerse le condizioni per un’opera sistematica di recupero e valorizzazione della «memoria storica» dell’impresa. Nello stesso tempo hanno acquisito uno specifico statuto, fra le discipline universitarie, i corsi d’insegnamento di storia dell’impresa e si sono moltiplicati sodalizi e gruppi di studio che collaborano al riordino di archivi aziendali; conducono attività didattiche, convegnistiche e di ricerca nel campo della storia industriale, bancaria, dei servizi e delle organizzazioni di categoria; e sono in collegamento con esperti e istituti stranieri operanti negli stessi settori d’attività.

Di fatto, numerose imprese hanno incluso il riordino e l’inventariazione dei loro fondi documentari fra le attività dei propri servizi di relazioni esterne. A loro volta, gli studiosi hanno avuto modo di ampliare il loro campo di osservazione grazie alla creazione di archivi aziendali sempre più complessi e consistenti. Perciò oggi è possibile analizzare non solo l’andamento generale della produzione e i risultati complessivi di bilancio, ma anche le strategie finanziarie e le politiche degli investimenti, le innovazioni tecniche e le scelte di mercato, le modalità di organizzazione del ciclo produttivo, le culture del lavoro e i programmi di formazione del personale, le relazioni sindacali e i rapporti con le istituzioni pubbliche. Inoltre si è cominciato a raccogliere, oltre al materiale cartaceo, anche la documentazione di carattere iconografico e filmico. In taluni casi si è giunti così a costituire un  “giacimento culturale”, di diversa natura e tipologia, che rappresenta un prezioso serbatoio di dati, informazioni, suggestioni.

Si spiega pertanto come il mondo dell’impresa, che era rimasto estraneo per lungo tempo agli orizzonti della cultura storica per la sopravvivenza di una forte tradizione umanistico-letteraria, sia divenuto oggetto, nel corso degli ultimi anni, di indagini e di riflessioni che hanno fornito nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sulle vicende del nostro Paese: tanto da trovare sempre maggior spazio e udienza sia nella produzione scientifica specializzata sia nel campo dell’informazione e della pubblicistica.

Questo nuovo genere di sensibilità e di interesse per le sequenze e le modalità del nostro processo di sviluppo economico è tanto più importante in quanto l’affermazione di una moderna democrazia industriale non è legata soltanto ai progressi del sistema economico, ma dipende anche dalla diffusione di un’autentica cultura del lavoro e dell’innovazione quale patrimonio di valori e di modelli collettivi.

La ricerca storica può dare un apporto prezioso alla maturazione di questi orientamenti, che coinvolgono tanto il senso di appartenenza alla società in cui viviamo quanto i fondamenti delle esperienze formative individuali. E ciò, appunto mediante l’analisi dei diversi fattori e moventi che hanno segnato il processo di modernizzazione e che costituiscono oggi le matrici degli scenari e dei problemi che ci stanno di fronte.
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