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Memoria e progetto
di Sergio Maria Carbone

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Il Punto

Le imprese sono il grande agente della trasformazione che ha portato all’odierna società della conoscenza e con essa alle rivoluzioni logistiche e comunicative del just in time e del tempo zero. Ma senza il ricordo attivo e l’esercizio della memoria, la forza propulsiva dell’impresa è messa a repentaglio.

Le organizzazioni sono l’habitat degli umani, ovvero la nostra «ecologia sociale». Lo ha scritto Peter Drucker, uno dei più importanti studiosi contemporanei del management d’impresa. Infatti, sono almeno 250 anni che proprio le imprese diffondono logiche organizzative. Logiche che sono effetto di quella grande trasformazione per cui, dal 1750 al 1900, la tecnologia applicata al fare conquistò il pianeta creando una civiltà mondiale – la Rivoluzione industriale – da cui deriva la radicale mutazione del significato stesso di conoscenza.

Un percorso che si snoda attraverso varie fasi:
- la prima fase, durata fino all’ultimo quarto dell’800, nella quale la conoscenza fu applicata a strumenti, processi e prodotti
- la seconda, durata fino alla Seconda guerra mondiale, nella quale la conoscenza venne applicata al lavoro, determinando la
«Sono almeno 250 anni che proprio le imprese diffondono logiche organizzative»
«rivoluzione della produttività»
- nell’ultima fase, che ci conduce fino ai nostri giorni, nella quale la conoscenza iniziò a essere applicata a se stessa.

È la rivoluzione del management.
Il percorso che ora ci introduce a quella che è stata chiamata la società della conoscenza: tutto sommato un cammino abbastanza lineare, in cui l’impresa è stata il grande agente della trasformazione.
Un cammino però sempre più accelerato che ci ha fatti trasmigrare dal tempo dell’orologio al tempo senza tempo.
Vale a dire il passaggio dal tempo dell'orologio, segnato dal cronometro della catena di montaggio fordista, al tempo senza tempo, l’eterno presente della compressione spazio-temporale nel just-in-time della rivoluzione logistica e nel tempo zero della rivoluzione comunicativa elettronificata e multimediale.
Un «presente esteso» che utilizza la tecnologia per sfuggire ai contesti dell’esistenza e in cui la stessa idea di progresso invecchia. La grande forza propulsiva dell’impresa sembra essere messa a repentaglio.

«Culture e impresa» nasce dalla nitida consapevolezza di questo rischio.

«Un cammino però sempre più accelerato che ci ha fatti trasmigrare dal tempo dell’orologio al tempo senza tempo»
Dunque un’operazione di ricordo attivo, che utilizza criticamente la memoria per riappropriarsi dei contesti dell’esistenza proiettandoli nel futuro. Un’operazione, è opportuno sottolinearlo, che rientra appieno nelle finalità statutarie della Fondazione Ansaldo, finalità che possono essere racchiuse nell’endiadi tutela e valorizzazione.

Operazione, infine, che promuoviamo consci «dell’imbarazzante pluralismo» della nostra epoca, che ci impone di usare «culture» al plurale; nella ferma convinzione che la riconquista dello spazio materiale e del tempo della vita presuppone la rinnovata valorizzazione di quel luogo in cui conoscenza e lavoro si intrecciano facendosi impresa.
Attraverso l’esercizio della memoria e la volontà del progetto.
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