Fin dalla nascita dell’Europa cultura e impresa 
                            costituiscono un binomio inscindibile. Accanto alle 
                            committenze degli enti ecclesiastici e religiosi e 
                            dei poteri pubblici, già dal XII secolo possiamo 
                            constatare quanto le risorse private, provenienti 
                            dalle corporazioni dei mercatores, abbiano contribuito 
                            alla crescita del patrimonio culturale, soprattutto 
                            nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno che nasce 
                            dalla volontà degli attori economici della 
                            rivoluzione urbana di quel periodo di imprimere nella 
                            memoria della comunità il significato pubblico 
                            del loro operato. Una volontà che nei secoli 
                            ha prodotto opere straordinarie, soprattutto quando 
                            attraverso la munificenza e il mecenatismo nelle arti 
                            si cercava di legittimare un potere incerto, come 
                            avveniva nei Comuni e nelle Signorie. Firenze, Siena, 
                            Mantova, Urbino sono solo alcuni esempi dello splendore 
                            artistico e monumentale scaturito da questa volontà.
                            
                            Lo spirito moderno del capitalismo ha conosciuto nel 
                            nostro Paese, dove simili esempi costituiscono parte 
                            cospicua del nostro patrimonio, una straordinaria 
                            propensione a testimoniare il proprio valore sociale 
                            nel campo delle arti. L’Italia contemporanea 
                            deve infatti molta della sua cultura al mondo dell’impresa, 
                            sotto ogni aspetto. Basti pensare all’opera 
                            di Adriano Olivetti e della sua Comunità nel 
                            campo della letteratura, della sociologia e della 
                            politica.
                            
                            Ma qui voglio ricordare anche quanto le istituzioni 
                            abbiano saputo riconoscere l’importanza culturale 
                            di molte realizzazioni imprenditoriali. Penso non 
                            solo a quei tanti edifici che, grazie allo studio 
                            dell’archeologia industriale, hanno conosciuto 
                            nei tempi recenti grande attenzione e una significativa 
                            rivalutazione, ma anche a un caso straordinario quale 
                            l’insediamento di Crespi d’Adda a Capriate 
                            San Gervasio. Iscritto alla lista del Patrimonio Mondiale 
                            Unesco dal 1995, è un esempio eccezionale di 
                            quei «villaggi operai» che nacquero tra 
                            il XIX e il XX secolo in Europa e negli Stati Uniti 
                            e che sono l’espressione della filosofia di 
                            industriali illuminati desiderosi di soddisfare i 
                            bisogni dei propri dipendenti.
                            
                            Di pari passo le stesse imprese, spesso in occasione 
                            di importanti ricorrenze nella propria storia industriale, 
                            cominciano a maturare anche nel nostro Paese una forte 
                            sensibilità verso il proprio passato. Sono 
                            sempre più frequenti iniziative editoriali, 
                            pubblicazioni e manifestazioni promosse dalle realtà 
                            imprenditoriali italiane per testimoniare il proprio 
                            valore storico e sociale, e molti sono oramai i musei 
                            industriali dove sono illustrati i progressi nelle 
                            tecnologie di produzione, lo sviluppo dell’organizzazione 
                            dell’impresa e delle condizioni di lavoro.
                            
                            Tutto questo rende l’iniziativa del 
Centro 
                            per la cultura d’impresa e della 
Fondazione 
                            Ansaldo – Archivio economico delle imprese liguri 
                            un passo importante per accrescere l’attenzione 
                            verso queste tematiche. La rivista on line Culture 
                            e impresa potrà raccogliere e divulgare in 
                            modo dinamico questi fermenti, sviluppando negli imprenditori 
                            la coscienza del valore della memoria del proprio 
                            operato. Nasce così un luogo di riflessione 
                            comune, uno spazio di dialogo tra imprenditori e studiosi, 
                            uno strumento valido per far conoscere ai cittadini 
                            l’autentico valore sociale dell’impresa.