La politica della Direzione generale degli Archivi per la  tutela degli Archivi d’impresa 
                                  di Maurizio Fallace 
                                    Direttore  generale per gli archivi
                                    
                                  | 
                                  | 
                                  
                                    
                                       
                                         
                                          Ingrandisci 
                                        il testo | 
                                          | 
                                       
                                       
                                          | 
                                       
                                     
                                    | 
                              
                            
                                    
                              Il Codice dei beni culturalie del paesaggio   affida allo Stato, cioè alla Direzione generale per gli archivi del Ministero  per i beni e le attività culturali, la tutela del patrimonio archivistico  nazionale, funzione delicata che si fonda, e non può essere diversamente, su  una approfondita conoscenza degli archivi che ne sono parte. Le Soprintendenze  archivistiche, organi periferici della Direzione generale, svolgono la funzione  di tutela sul territorio nazionale, attraverso un’opera attenta di ricerca,  sulla quale si fonda l’emissione di un provvedimento formale di dichiarazione  di interesse storico particolarmente importante: condizione indispensabile per  la conservazione dei materiali e per la loro comunicazione al pubblico. 
                              
                              Tale  funzione, rivolta agli archivi d’impresa - che rientrano di massima negli  archivi privati e, talvolta, negli archivi pubblici - ha avuto sempre maggiore  impulso presso le Soprintendenze a partire dagli anni Settanta, quando si è  avvertita  una crescita della domanda da  parte degli studiosi di storia economica, e poi   ancora alla metà degli anni Ottanta, quando l’attenzione si è spostata  sull’organizzazione degli archivi correnti, con un maggior coinvolgimento degli  imprenditori sull’opportunità di gestire i documenti assicurandone una corretta  sedimentazione, auspice l’utilizzo parallelo dell’informatica, in vista anche  di un’utile ricaduta sui loro interessi e sul loro ruolo sociale. 
                              
                              A  questo proposito, occorre ribadire che uno degli obiettivi prioritari della  politica dell’Amministrazione archivistica consiste nel favorire il  riconoscimento da parte della collettività del valore dell’archivio non solo  per la ricerca storica, ma anche per una migliore conduzione dell’impresa che  lo ha prodotto, perché è indubbio che un archivio degno di questo nome aiuta a  controllare il flusso documentario, ma anche a gestire meglio il rinnovamento  dell’impresa stessa, nonché ad avviare iniziative di autocelebrazione. 
                              
                              Oggi,  occorre ancora aggiungere, si definisce quale attività socialmente utile  proprio la valorizzazione dei beni privati, a iniziativa privata o anche con il  sostegno pubblico. 
                              
  Il patrimonio archivistico delle imprese  è certamente di difficile gestione, esteso  com’è tra antiche scritture e documenti elettronici, che richiedono una  qualificazione professionale poliedrica a chi è preposto alla salvaguardia  della memoria storica d’impresa. 
  
                              Tuttavia fanno ben sperare le sinergie di forze messe in  campo negli ultimi anni per recuperare, conservare e valorizzare il patrimonio  archivistico prodotto dalle imprese.  Si  può ricordare il caso della Fondazione Ansaldo-Archivio Economico delle Imprese Liguri (www.fodazioneansaldo.it).
                            
Iniziativa tra le più complesse e dalle forti implicazioni  economiche, tesa alla trasformazione di un archivio storico d’impresa – quello  appunto dell’Ansaldo - in un vero e proprio archivio economico territoriale per  la salvaguardia degli archivi non solo delle imprese un tempo controllate  dall’Ansaldo, ma anche di complessi documentari minacciati di dispersione o  

distruzione, prodotti daimprese di altri comparti industriali.
 
                            O, ancora, si può ricordare il caso  del 
Centro per la cultura  d'impresa(
www.culturadimpresa.org).
                            
Al Centro si deve tra l'altro il salvataggio  dell'archivio della Banca privata Sindona e il caso dell’
Archivio  Storico Enel  che raccoglie il materiale documentario proveniente dalle oltre 1.200 società  elettriche confluite in Enel al tempo della nazionalizzazione dell’energia  elettrica (pari a circa 13.000   metri lineari di documenti, circa 80 mila fotografie,  migliaia di disegni tecnici, libri e riviste specializzate) attualmente  conservato presso otto sedi territoriali corrispondenti agli ex compartimenti  Enel, ma in corso di concentrazione presso un’unica sede. Enel ha infatti  avviato un progetto denominato 
Archivio  Storico Enel che prevede di raccogliere tale materiale a Napoli, così da  costituire un archivio “organico” sulla storia dell’industria elettrica  italiana, superando in tal modo l’attuale stato di frazionamento della  documentazione, e anche di realizzare 

un sistema informatico on line per la  fruizione e la gestioneelettronica degli archivi storici.
 
                            
  Ad aprire la strada alla conoscenza di tali  patrimoni delle imprese, alla fine degli anni Novanta, fu un progetto della 
Regione  Lombardia e della 
Fondazione Mondadori, che  iniziarono, d’intesa con la Soprintendenza archivistica statale, il censimento  degli archivi degli editori lombardi, grazie al quale oggi è possibile accedere  ai dati “anagrafici” di 249 case editrici lombarde censite, su 700  interpellate. Questa iniziativa fu seguita, per l’intervento della 
Direzione  generale per gli Archivi,  da una serie di progetti analoghi, che coinvolsero altre Regioni italiane: prima  tra tutte la 
Toscana (oltre 320 “editori”contattati,  di cui 149 hanno risposto al questionario inviato a tutte le case editrici),  che è, in base alle statistiche ufficiali, la terza regione italiana per numero  di editori e la quinta per numero di titoli e di copie prodotti; ma giova  ricordare anche il Lazio e la Campania; successivamente, per un finanziamento  della 
Fondazione Cassa di risparmio delle province Lombarde, il  censimento, curato dalla Fondazione Mondadori d’intesa con l’
Amministrazione  archivistica statale   e l’
Associazione italiana editori,  si è esteso anche al Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e  Liguria.  
                              
In Toscana è venuto fuori un quadro  diseguale. Solo un ristretto numero di case editrici o gruppi editoriali hanno,  o possono permettersi di mantenere, un archivio storico, cioè una specifica  struttura dedicata alla conservazione permanente della documentazione, come 
Giunti, Giusti, La Nuova Italia, 
Le  Monnier, 
Olschki. Le loro serie  documentarie sono state dichiarate di notevole interesse storico e notificate  da parte della Sovrintendenza archivistica, a conferma della presenza di un  valore generale che trascende la dimensione privatistica delle carte possedute  dalle imprese editoriali. Spiccano, in ogni modo, alcuni esempi di particolare  attenzione verso la propria storia come quella di Alessandro Olschki, curatore  e animatore delle numerose pubblicazioni sulla casa editrice familiare e  editore dell’annuale 
Catalogo perenne. E ancoral’Archivio e la Biblioteca storica realizzati da Sergio Giunti  all’interno del gruppo che raccoglie la documentazione relativa alle case  Paggi, Bemporad, Marzocco, Martello e Barbéra, o gli studi effettuati su La Nuova Italia e la Le Monnier, sostenuti  dai vecchi proprietari, e le loro imponenti 

biblioteche storiche tuttoraconservate.
 
                              
                              Un gruppo di lavoro,  costituito con decreto del Direttore generale per gli archivi nel 2000 e  composto da rappresentanti della Direzione generale e delle Soprintendenze,  delle 
Regioni Lazio  e 
Lombardia,  dell’Associazione italiana editori, della Fondazione Mondadori, delle 
Case  Editrici Mondadori,  Giunti, Olschki, ha elaborato modelli di   strumenti di organizzazione degli archivi delle imprese editoriali, allo  scopo di suggerire sistemi di organizzazione e gestione dell’archivio corrente,  che ne consentano non solo l’utilizzazione da parte degli utenti interni, ma  anche la conservazione organica per gli studi futuri.
                              
                              Le Soprintendenze si sono  adoperate, e continuano ad adoperarsi, anche per tutelare la memoria storica  della grande impresa, come la 
FIAT,  il cui archivio è stato dichiarato di notevole interesse storico nel 2002 dal  Soprintendente archivistico per il Piemonte, dopo un complesso iter per  l’individuazione e la descrizione delle carte. Nel 2005 è stato dichiarato  anche l’archivio della 
FIAT AVIO,  perché le carte documentano l’attività del Gruppo FIAT in tutto il corso del  Novecento, non solo nel settore aeronautico (motori e aerei), ma anche in  quelli dei grandi motori marini, delle centrali turbogas per produzione di  energia elettrica, degli impianti nucleari e di altre attività industriali  acquisite o iniziate dal Gruppo.
                                         
   La 
Soprintendenza  per la Campania nell’ottobre 2002 ha  varato il 
progetto di  censimento e precatalogazione dell’archivio ex-Ilva di Bagnoli, finanziato dalla 
Società  Fintecna S.p.A.,  per consentire un’immediata fruibilità della documentazione, di interesse  contingente per la   società. 
   
Il lavoro è iniziato con il  riordinamento e con l’indicizzazione di due serie importantissime e  delicatissime (“Inserti Personale” e “Cartelle sanitarie”), ma non è stato  trascurato il censimento dell’intero complesso documentale, operazione che ha  rivelato una situazione delle carte speculare all’articolata vicenda del  complesso aziendale, nato a seguito della costituzione (Genova, 1905) della  “Società anonima Ilva per la costruzione dello stabilimento a ciclo integrale  di Bagnoli” e sopravvissuto, attraverso una serie di trasformazioni  

istituzionali e strutturali, sino ai nostri giorni, come è a tutti noto.
 
  
  Le Soprintendenze non hanno trascurato, com’era giusto, neanche la  memoria delle imprese medio-piccole e artigiane, molte delle quali conservano  gelosamente e trasmettono la memoria del contributo dato al processo di  modernizzazione del Paese. 
  
  Scorrendo l’elenco dei 170 archivi d’impresa dichiarati dal 1986 al  2005, si nota una consistente presenza di complessi documentari prodotti  proprio da piccole ditte operanti nei diversi settori: dalla 
Tonnara di Capo  Passero in Sicilia,  una delle più antiche in Italia (dichiarazione del 2005), alla Fonderia  Cavadini in Verona (dichiarazione del 1999) attiva dal secolo XVIII e cessata  nel 1974, il cui  proprietario custodisce  le memorie di famiglia risalenti al 1790, nella convinzione che tale patrimonio  possa essere utile oggetto di studio, considerato il crescente interesse per  l’archeologia industriale. Ancora in Veneto, nel 1999 è stato dichiarato  l’archivio dell’antico 
Calzaturificio Voltan S.r.l. di Strà, fondato nel  1898. Notevole è anche l’archivio storico delle cartiere di Buja (UD),  dichiarato nel 2004, che documenta intrecci, sviluppi e ristrutturazioni  avvenuti nel settore dell’industria cartaria italiana dalla metà del sec. XIX,  grazie alla conservazione delle carte dal 1832 al 1990, provenienti da numerose  
cartiere italiane. 
  
Cartiere Italiane Riunite, cartiere Sertorio, Besozzo,  Cartiere Riunite Donzelli e Meridionali, Cartiera del Sole, Cartiera del 

Timavo  ed’Arbatax, Cartiera Friulana etc.
 
  
  
  Per il settore manifatturiero si può ricordare l’archivio delle  Manifatture Cotoniere Meridionali, la cui importanza storica è stata dichiarata  dalla Soprintendenza archivistica per la Campania nel 1996. La documentazione  di questo archivio risale al 1835, epoca in cui gli svizzeri Schlaepfer e  Wenner fondarono i primi insediamenti industriali in Campania.
  
   Da ultimo, ma non certo per  importanza, si indica la dichiarazione dell’interesse culturale dell’archivio  della Società cooperativa “Sogni animati” in Torino, già società “
La  Lanterna magica”,  emessa nel dicembre 2004, perché la documentazione riflette unitariamente  l’attività del soggetto produttore e nello stesso tempo testimonia una parte  importante della storia del cinema di animazione italiano (
La gabbianella e il gatto, 
Le  nuove avventure della Pimpa, 
Totò  sapore), che negli ultimi venti anni del Novecento ha raggiunto risultati di  alto livello qualitativo, concorrenziali rispetto alle grandi case produttrici  d’oltre oceano. Gli archivi di questo settore, ritenuti puramente strumentali  alla produzione dei film, sono ad alto rischio di dispersione non appena i film  stessi arrivano nelle sale, venendo meno nei produttori o committenti  l’interesse a conservare  materiali  aziendalmente inutili e per di più ingombranti. 
   Ma la documentazione, se salvaguardata, oltre  ad essere suscettibile di fruizione culturale, rimane oggetto di diritti da  parte degli artisti e dei finanziatori delle produzioni, e non è poco.