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M. Pittaluga, M. Signorelli, L'epopea del gas (Genova 1838-1972). Dal gas illuminante al metano – The Gas Venture. From Illuminating to Natural Gas, Genova, Erga edizioni, 2009, pp. 223, € 20.
recensione di Lara Piccardo

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Per chi abita nella Genova di oggi è certo difficile immaginare quanto dovesse essere buia la città ancora a metà Ottocento. Ma non si trattava di un caso isolato: anche le notti di Torino, Milano, Firenze, Venezia, Bologna, Napoli, Roma e Palermo (solo per citare alcuni tra i più importanti centri urbani della penisola) erano rischiarate solo dalle luci delle botteghe e delle osterie e dalle lampade sacre poste davanti alle immagini votive.
Se la prima compagnia italiana per l'illuminazione a gas nascerà a Torino nel 1838, la Superba dovrà attendere sino al 1846 per veder comparire in città i primi fanali pubblici. Inizia così, anche a Genova, la storia dell'utilizzo del gas ricavato dal carbon fossile per l'illuminazione pubblica e privata, che rappresenta un percorso interessante non solo per l'emergere di un'industria e di una tecnologia fondamentali per lo sviluppo economico e tecnico, ma anche per la possibilità della distribuzione di beni primari da officine centralizzate ad ampi strati di popolazione.
Di tutto questo si occupa il pregevole volume di Manuela Signorelli e Michele Pittaluga. La lunga e vivace storia del gas a Genova viene ricostruita a partire dalla metà dell'Ottocento sino ai giorni nostri, senza tralasciare accurati particolari sull'evoluzione delle lavorazioni, delle locazioni, delle strumentazioni e degli uomini.
Dopo una breve disamina dei pionieristici esperimenti scientifici sull'illuminazione a gas in Europa, gli autori si soffermano sulla diffusione di questa nuova tecnologia, in primis nel mondo anglosassone (Gran Bretagna e Stati Uniti).
Proprio dalla patria della Rivoluzione industriale approda in Italia la prima pubblicazione inerente la tecnica di produzione del gas, tradotta da Silvio Pellico nel 1817 con il titolo Trattato pratico sopra il gas illuminante, che circola velocemente tra quegli scienziati italiani impegnati in test riguardanti l'illuminazione di piccoli ambienti. Ma si trattava di poche avanguardie: «Gli animi erano assorbiti, in quell'epoca, dall'idea del riscatto nazionale e quindi ben pochi s'interessavano della nuova industria» (p. 26).
Nella turbolenta Genova mazziniana, la prima "Società di illuminazione a gas" ottiene la concessione per la costruzione di una officina in via Canevari con il decreto reale del 12 aprile 1844. Ma già dall'inizio degli anni cinquanta, la necessità societaria di espandere le proprie attrezzature richiede anche un'altra fabbrica in un'area più spaziosa: il nuovo sito viene collocato a Sampierdarena, alla foce del Polcevera, e occupa un'area di 28.000 mq (p. 30).
Nel 1857 alla "Società di illuminazione a gas" subentra la parigina "Union des gaz", che stipula con l'amministrazione comunale una convenzione per l'illuminazione della città sino al 1922.
L'incremento vertiginoso del consumo di gas impone, all'inizio del Novecento, l'apertura di un terzo impianto in località Gavette, nella Val Bisogno, che col tempo si estende fino ad occupare un'area di 98.000 mq, mentre la centrale di via Canevari cessa la propria attività produttiva nel 1911, diventando semplice stazione gasometrica. All'operazione dell'acquisto della località Gavette il volume riserva pagine ricche di dettagli significativi, tra cui una lettera del marchese Durazzo Pallavicini, proprietario dell'area, a Hilary John Henry, allora "direttore del gaz" (p. 42), in cui si precisano gli accordi preliminari alla vendita del terreno e dei fabbricati alla "Union des gaz".
Il primo dopoguerra segna un momento di svolta nella storia del gas a Genova. Sulla scia del rafforzamento sul territorio italiano della municipalizzazione dei pubblici servizi, l'amministrazione cittadina, in vista della scadenza della stipula della convenzione con l'"Union des gaz", si prepara alla gestione diretta del servizio. L'11 aprile 1922 il consiglio comunale approva la consensuale rescissione del contratto e l'acquisto degli impianti e delle scorte; il 20 maggio 1923, un referendum popolare conferma la delibera civica e, fino al 1936, il Comune fornisce direttamente il gas attraverso personale e attrezzature proprie. Nel 1935 il Municipio si fa carico anche del servizio acquedotti (pp. 63-68). L'anno successivo nasce l'Amga (Azienda municipalizzata gas e acqua), azienda speciale dotata di amministrazione, personale e bilancio distinti da quelli del Comune ma sottoposta alla sua vigilanza.
Durante il secondo conflitto mondiale gli impianti vengono gravemente danneggiati e la produzione subisce un drastico calo. Tra il 1945 e il 1950 si avviano piani di potenziamento e crescita, che rispondono alle esigenze di una città impegnata nella ricostruzione e nello sviluppo postbellico. Non cambia, tuttavia, il processo produttivo del gas derivato dal carbon fossile.
È solo nel novembre 1972 che il metano (o gas naturale) sostituisce completamente il gas prodotto fino a quel momento. Il complesso e impegnativo processo di metanizzazione viene ben dettagliato, sottolineando i molteplici ostacoli legati all'impossibilità di sospendere, per ovvie ragioni, l'erogazione del gas al territorio (pp. 112-117).
Il volume conclude la storia del gas a Genova con un'analisi sulle officine Gavette oggi, che ospitano «uffici, laboratori (…), un deposito di mezzi pubblici, depositi di tubazioni, valvole, raccordi e altro materiale ingombrante, nonché alcuni edifici riconvertiti alle nuove necessità» (p. 119).
Arricchito da un curato e consistente corredo fotografico e da brevi sunti in lingua inglese, il volume non trascura la vita aziendale dell'Amga, della quale riporta testimonianze, convenzioni, verbali e documenti.
Gli autori chiudono il lavoro con alcune pagine di approfondimento dedicate al Museo dell'acqua e del gas della Fondazione Amga, la cui opera ha reso possibile la raccolta di numerosi ed eterogenei oggetti e fotografie, descritti nelle apposite schede nella parte finale di questo libro (pp. 158-223).

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