english version
home
editoriale
primo piano
scheda
ica/sbl
recensioni
link
autori
archivio
credits
primo piano

Seminario sulle fonti orali
di Salvatore Vento

Ingrandisci
il testo

Nei giorni 24-26 ottobre 2007 si è svolto a Genova il seminario nazionale Fonti orali: esperienze di conservazione, integrazione, trattamento, promosso dall’Anai in collaborazione con la Fondazione Ansaldo e l’Anai Liguria. L’attenta partecipazione e il livello del dibattito hanno confermato la necessità di un confronto su una materia così complessa che coinvolge una molteplicità di protagonisti. Già il titolo prefigurava una discussione derivante da esperienze e riflessioni maturate sul campo. Dopo gli interventi dei rappresentanti degli enti promotori (Luigi Giraldi e Alessandro Lombardo, rispettivamente neopresidente e direttore della Fondazione Ansaldo, e di Isabella Orefice, presidente nazionale dell’Anai) che hanno illustrato gli obiettivi del seminario, i lavori si sono sviluppati intorno a tre aree tematiche: il rapporto tra storia e fonti orali, le esperienze e i progetti.
Alessandro Portelli chiarisce che l’espressione fonti orali significa “uso delle fonti orali in storiografia”, testimonianze rese oralmente da parte di protagonisti di eventi su cui verte la ricerca e sono perciò narrazioni individuali dialogiche e non formalizzate. La “tradizione orale” invece consiste in forme verbali formalizzate, condivise e tramandate nel corso del tempo. Il passaggio da “fonti orali” a “storia orale” avviene quando esse assumono una centralità nel lavoro storiografico. La fonte orale è una fonte relazionale non reperita dallo storico ma costruita in sua presenza. Si tratta di un’arte dell’ascolto e della relazione. Non documento del passato, ma atto del presente (ricordare, raccontare); di conseguenza la memoria è un processo in continua elaborazione. Anche la memoria sbagliata è fonte di interpretazione. Vi è pertanto una storia degli eventi, una storia della memoria e una revisione degli eventi attraverso a memoria.
Giuseppe Paletta partendo dalla constatazione dell’origine militante della storia orale pone un interrogativo di fondo: se nelle fonti orali è necessario il dialogo tra due soggetti (intervistato/testimone e ricercatore) e se l’empatia è possibile solo se esiste una vicinanza culturale (o politico culturale) come è possibile intervistare persone di altri ceti sociali (dirigenti, manager imprenditori) dove questa vicinanza non esiste? Dobbiamo formare un’altra tipologia di ricercatori?
A questa domanda ha risposto Augusta Molinari per la quale la storia orale è diventata ormai una disciplina scientifica con relativo statuto. Certamente ogni storia è storia del suo tempo, ma se il ricercatore segue un preciso paradigma disciplinare, può rapportarsi con chiunque. I problemi invece sono altri perché dobbiamo fare i conti col fatto che l’oralità di oggi è legata alla società dello spettacolo e all’uso disinvolto della memoria; la storia ha un uso pubblico espressa soprattutto da giornalisti con scarsa partecipazione di storici di professione. Lo storico utilizza le fonti orali, costruisce una fonte e nello stesso tempo la critica. La storia orale è un progetto metodologico, non vuole trovare conferme, ma la rappresentazione dei fatti.
Luca Borzani si sofferma sui rapporti passato-futuro e tra le generazioni. Se si ha la percezione del futuro si rivaluta il passato, quindi bisogna partire dal futuro per riconsiderare il passato. Già nella fase di raccolta delle fonti orali bisognerebbe pensare anche all’uso, alla fruizione. Sorge qui la necessità di intervistare anche i giovani perché esiste empatia nei confronti delle generazioni precedenti, non invece nei confronti dei giovani.
Antonella Mulè ha sviluppato i temi relativi alla tutela della fonte orale costruita per il progetto di ricerca; come conservarla e con quali strumenti permetterne l‘uso. In questa prospettiva esiste la necessità di una collaborazione tra il ricercatore che produce la fonte e l’archivista che la deve conservare. Rispetto al precedente convegno del 2001, oggi assistiamo ad un uso massiccio di internet. Delle fonti orali, considerate come documentazione archivistica sonora e audiovisiva, se ne parla almeno da trent’anni. Già nel 1972 il VII Congresso internazionale degli archivi aveva dedicato agli archivi audiovisivi un’intera sezione. Dal punto di vista archivistico la qualificazione di fonte documentaria non dipende dalla natura del supporto, ma dal processo di formazione della fonte. È quindi decisivo il ruolo del soggetto che produce la fonte e il contesto di produzione stesso.
Piero Cavallari intervenendo sulla storia della Discoteca di stato ha affermato che si tratta della prima istituzione pubblica che si occupa in maniera sistematica di fonti orali. Nel 1962, per iniziativa di Diego Carpitella (etnomusicologo) e Antonino Magliaro (glottologo) viene costituito l’archivio etno linguistico musicale-Aelm che va dal fonografo a cilindri Edison al magnetofono del secondo dopoguerra. La fonte viene creata dal ricercatore nell’ambito del proprio progetto di ricerca. Come renderla accessibile pubblicamente è il compito di una istituzione nel percorso di acquisizione, catalogazione e conservazione. La Discoteca di stato è impegnata nel processo di completa digitalizzazione ed è imminente la sua trasformazione in Istituto dei beni sonori e audiovisivi.
Secondo Roberta Tucci le fonti orali, pur materializzate in supporti fisici che è possibile conservare, tutelare e archiviare, restano immateriali nei loro contenuti e si traducono tanto in “beni archivistici” quanto in “beni culturali immateriali”. Nel primo caso la tutela a futura memoria riguarda la conservazione dei supporti entro cui sono contenute, nel secondo (beni demoetnoantropologici) riguardando la conoscenza del patrimonio culturale, e la valorizzazione di un territorio, rinviano a modelli socialmente condivisi e richiedono adeguate forme di promozione. La regione Lazio ha promosso la progettazione di una scheda Bdi (Beni demoetnoantropologici immateriali) e finita la fase pioneristica occorre passare a quella più sistematica nell’individuazione e rilevamento dei patrimoni culturali e degli attori sociali protagonisti.
Renata Meazza nel presentare l’esperienza della regione Lombardia ha affermato che i documenti audio, video, iconografici e cartacei conservati, catalogati, digitalizzati (e resi accessibili anche on line) sono il risultato di indagini realizzate sul campo e costituiscono un corpus imponente delle manifestazioni di cultura tradizionale presenti nel territorio regionale. Attualmente è in corso una collaborazione con la Fondazione Isec (Istituto per la storia dell’età contemporanea) per la digitalizzazione e la catalogazione dei materiali di storia orale: la storia del lavoro e dell’impresa, la storia sociale e politica della città e dell’hinterland milanese. Dal 2002 è stata avviata una ricerca sul campo (con supporto audiovisuale) sui luoghi della tradizione e del lavoro.
Sergio Cardarelli ha illustrato la recente esperienza della Banca d’Italia che ha costituito un archivio delle fonti orali chiamato “Progetto oral history” ideato da un apposito gruppo di lavoro. Esso fa parte della sezione multimediale dell’Archivio storico (AsBI) che è un archivio di grandi dimensioni. Finora sono state realizzate cinque interviste sonore a esponenti di rilievo della Banca d’Italia.
Guarda il videoMichele Trentini (Archivio provinciale per la tradizione orale presso il Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele all’Adige) ha precisato che l’archivio conserva su supporto multimediale materiali eterogenei: canti e musiche, leggende popolari, documentazione audivisuale di tecniche contadine e artigianali, interviste di carattere biografico, documenti etnografici.
Micaela Procaccia (Direzione generale per gli archivi) ha presentato la collaborazione con la Survivors of the Shoah Visual History Foundation di Los Angelus (ora University of Southern California Shoah Foundation Institute) che ha consentito l’acquisizione di 434 interviste in italiano ora conservate presso l’Archivio centrale dello Stato. Nei due grandi centri di conservazione del patrimonio audiovisivo in Italia (l’Istituto Luce e la Rai) una parte consistente del patrimonio censito (circa il 37%) nell’indagine del 1993 era costituito dalle “storie di vita”. La Direzione generale per gli archivi ha acquisito il software di indicizzazione della Shoah Foundation e ha stipulato un accordo con il centro di calcolo della Scuola normale superiore di Pisa per la reingegnerizzazione del software e il suo adattamento alle interviste in italiano.
Giuliana Bertacchi nel ricordare il convegno del 1982 sull’uso delle fonti orali nell’insegnamento della storia contemporanea ha ribadito alcuni concetti diventati patrimonio comune: la fonte orale si costruisce, non preesiste, il testimone quale protagonista e produttore della fonte, la presenza dell’intersoggettività (intervistato e ricercatore); l’esistenza di una doppia contestualizzazione (quella dell’evento storico ricordato e la scena sociale del presente). Sotto il profilo didattico, la fonte orale rimane la via d'elezione per l'approccio ai temi della soggettività e della memoria nei suoi meccanismi dinamici, nei rapporti tra le storie di tutti e la cosiddetta grande storia; ha grandi risorse per l'apertura e l'intreccio multidisciplinare; favorisce inoltre l'acquisizione di un dato essenziale per la formazione storica: ogni operazione storiografica è produzione consapevole di memoria storica, a vari livelli.
Paola Caroli durante la sezione del convegno svoltasi presso la sede dell’ Archivio di stato di Genova ha illustrato l’impegno verso le fonti orali e ha ricordato la sua personale passione giovanile quando amava ascoltare le storie raccontate dai suoi familiari.
Infine, chi scrive (Salvatore Vento) ha presentato l’iniziativa “La Liguria del saper fare si racconta” della Fondazione Ansaldo avviata nel mese di luglio del 2006 grazie al supporto della Compagnia San Paolo. È stata aperta una sala attrezzata per la consultazione del materiale raccolto. Finora sono state videoregistrate oltre 60 testimonianze di operai, impiegati e manager caratterizzanti i settori produttivi delle quattro province della regione. Si tratta della ricostruzione di storie di vita lavorativa videoregistrate in cassette mini dv e successivamente trasferite in dvd per favorire la consultazione. Nello stesso archivio delle fonti orali sono altresì presenti interviste effettuate da studiosi durante lo svolgimento delle attività di ricerca. Si sono inoltre sviluppate rapporti di collaborazione con altre iniziative, finalizzate alla raccolta del materiale prodotto, sia video che sonoro.
Torna indietro

 
in primo piano
home editoriale primo piano scheda ica/sbl recensioni link archivio autori credits


Copyright 2008 © Fondazione Ansaldo, Centro per la cultura d'impresa