Tre sono gli aspetti che meritano  di essere segnalati del volume dedicato alla cartiera fondata a Corsico da  Enrico Pirola nel 1904, acquisita nel 1923 dal gruppo Burgo e attiva fino agli  anni novanta del secolo scorso. 
  Il primo è la genesi del progetto  culturale che ha dato vita al volume. La Cooperativa edificatrice Ferruccio  Degradi di Milano, accingendosi a concludere i lavori di riconversione  dell’area, si è trovata di fronte ad un problema apparentemente paradossale: la  consegna di un nuovo quartiere residenziale, provvisto di spazi pubblici e aree  verdi, in sostituzione dello spazio occupato dalla cartiera, proprietà privata  oggetto di una progressiva dismissione e poi di un definitivo abbandono,  rischiava infatti di essere vissuto dalla cittadinanza come una perdita e un  esproprio. Le ragioni di ciò vanno cercate nel legame tra la cartiera e la  storia di Corsico, la sua industrializzazione, le sue trasformazioni sociali e  demografiche. Un legame che ha fatto della cartiera nel tempo, «un punto di  riferimento e un motivo di orgoglio»  per tutta la   comunità. Consapevole dell’importanza delle relazioni sociali  di cui si intesse la trama di un territorio e attenta per natura al portato  valoriale che è capace di generarsi intorno a un’impresa e agli uomini che la  vivificano, la Cooperativa ha individuato la soluzione a quel paradosso nel  recupero della memoria di quei luoghi e di quegli uomini e nel dono di questa  memoria alla cittadinanza. Va qui rimarcato anche il fatto che tale recupero ha  potuto attingere ai documenti e alle immagini dell’archivio storico della Burgo  la quale con grande sensibilità ha voluto concorrere a questa iniziativa,  relativa a pagine importanti della propria storia, pur non sempre indolori. Ne  è nato questo volume, che celebra la storia della cartiera annodandola a quella  di Corsico lungo quasi tutto il secolo scorso e che la Cooperativa ha messo a  disposizione gratuitamente negli uffici in cui presentava il nuovo aspetto e le  nuove funzioni che quei luoghi hanno assunto.
  Un secondo aspetto da considerare è che l’autrice, Viviana  Perin, è persona certamente qualificata, ma altrettanto coinvolta nella  vicenda. Da corsichese, non può evitare di confessare come, nei tratti  considerati imprescindibili del suo orizzonte, abbia sempre considerato anche  la cartiera. È questo un elemento che incide sull’esito tanto della ricerca che  del volume. Nel primo caso l’aiuta certo, nel raccogliere una serie di  testimonianze orali, ad attivare probabilmente in modo molto spontaneo e  diretto rapporti capaci di generare il racconto dei testimoni, che poi utilizza  a supporto in particolare della seconda parte del racconto. Nel secondo incide  in maniera forse eccessiva nei toni con cui viene descritto l’epilogo della  vicenda, letto in modo significativo quasi esclusivamente dalla parte dei  corsichesi coinvolti, cioè degli operai.
  L’ultimo aspetto che merita una segnalazione è l’apparato  iconografico che arricchisce il volume, frutto di una selezione indubbiamente  mirabile. La parte principale è costituita dalle splendide immagini provenienti  dall’Archivio storico Burgo a cui si affiancano quelle provenienti da altri  archivi o raccolte istituzionali, oltre che dagli archivi personali dei  testimoni. La bellezza delle immagini, specie di quelle provenienti dalla  Burgo, non offusca però il progetto illustrativo che sta alla base della  selezione iconografica. Conformemente al titolo del volume, prevalgono, nella  carrellata che illustra l’evoluzione tecnologica di spazi e lavorazioni, le  immagini che affiancano alle macchine gli uomini, intenti ad utilizzarle,  ripararle o anche solo visitarle. Efficace poi l’attenzione a proporre vedute  cronologicamente successive, in un raffronto che permette di cogliere le  diverse trasformazioni fino alla dismissione, con immagini in questo caso,  desolate, ma a loro modo struggenti.
  Quello che pare di poter dire in definitiva, mutuando  parole dello stesso presidente della Cooperativa nella presentazione, è che  quest’ultima sia riuscita, con questa iniziativa e grazie al suo esito, «a  lasciare un proprio segno ben oltre i confini della mera attività economica  tipica».